Il riequilibrio di forze in campo gioca a sfavore dell’Europa e, in particolare dell’Italia. E questa può essere una buona notizia per l’indipendenza del Veneto.
Molti si stanno interrogando su quali potranno essere le conseguenze a vari livelli dell’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti d’America. Sono passati solo pochi giorni da tale evento e il quadro appare ancora più confuso rispetto allo shock iniziale, in quanto emergono un po’ alla volta alcuni importanti nodi. Serenissima Post ha pubblicato qualche giorno fa la traduzione in italiano del punto di vista di Ian Bremmer a tale proposito, così come un’intervista a Parag Khanna su questioni generali che rappresentano un’ottima base di partenza per alcune considerazioni.
Non crediamo infatti che la questione principale possa essere quella militare, o geopolitica che dir si voglia, in quanto la teoria delle aree di influenza viene forse meno proprio in applicazione di una diversa filosofia approdata alla Casa Bianca, che pare privilegiare le relazioni transazionali, ovvero basate sulla capacità di fare affari e non più sulla presunta difesa di valori “occidentali” che oggi paiono abbandonati alla storia. Notoriamente fino ad oggi si sono confrontati tre grandi poli di influenza al mondo: gli Stati Uniti d’America, la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese, con i rispettivi quadri di alleanze a vario livello. Essi rappresentavano diversi sistemi di valori e, soprattutto, di interessi economico-finanziari. A scombinare il quadro non è stato Trump e nemmeno Putin, bensì la Cina che dalla caduta dell’Unione Sovietica ha saputo fare un passo doppio straordinario: da un lato ha intrapreso e rafforzato la propria crescita economica (compresa la capacità di innovazione tecnologica), dall’altro ha saputo esercitare uno straordinario soft-power che si è sostituito al vuoto sovietico in tutti i più importanti quadranti del mondo, dall’Asia, all’Africa, al Pacifico, fino all’Europa. L’avanzata cinese è stata così importante che oggi il presidente Xi Jinping si permette di dire al neo-eletto presidente Donald Trump che la cooperazione tra Cina e USA è una strada obbligata. Perché, è sottinteso, se così non fosse ne risulterebbe una totale influenza cinese nelle reti di commercio e infrastrutturali internazionali che stanno nascendo e plasmando il mondo che verrà.
Una ritirata strategica degli USA dalle partnership globali, o un gioco al ribasso con progressivo isolamento lascerebbero infatti campo vuoto e aperto alla colonizzazione da parte della seconda economia del mondo che sta rapidamente candidandosi a diventare la prima.
Non solo gli USA rischiano di perdere il primato mondiale da un punto di vista economico e relazionale, ma anzi oggi come mai prima rischiano di perdere anche componenti fondamentali al proprio interno. Il Paese che finora ha rappresentato la difesa dei valori democratici non potrà infatti reggere le spinte verso l’autodeterminazione di Stati importanti dell’Unione. Il primo risultato concreto infatti della elezione di Donald Trump è che oggi non fa più paura l’indipendenza della California (e anche di altri Stati). Il tabù che pareva essersi radicato per sempre nel suolo americano dai tempi della Guerra di Secessione, oggi pare definitivamente sfatato alla luce della deflagrazione del sistema bipartitico democratico-repubblicano sconfitto proprio dall’azione anti-sistema di Trump.
Per quanto riguarda infine l’Europa e in particolare l’Italia, una chiusura commerciale degli USA sarebbe un’ulteriore cattiva notizia (che andrebbe ad aggiungersi al probabile aumento della “bolletta” militare finora assorbita dalla Nato), che andrebbe a costituire un danno diretto per l’export europeo. Inoltre, una politica “keynesiana” da parte di Trump con l’aumento delle spesa pubblica e infrastrutturale interna, sfocerebbe in aumento dell’offerta di titoli pubblici americani molto competitivi, che faranno inevitabilmente diminuire la capacità europea e italiana di attrarre investitori in tal senso, creando un ulteriore circolo vizioso che già oggi stesso è ben traducibile nell’aumento dello spread, la febbre più grave di cui soffre lo stato italiano.
Mala tempora currunt, sed peiora parantur. Viviamo brutti momenti, ma se ne preparano di peggiori.
E tutto sommato questa non è proprio una bruttissima notizia, in quanto il venir meno di una situazione cristallizzata di equilibrio precario può liberare le migliori opportunità per il Veneto per conquistare la propria indipendenza, se saprà cogliere la sfida che Plebiscito.eu ha lanciato con il proprio piano strategico che fa leva proprio sulle armi della modernità, l’economia, con la propria business community e le enormi potenzialità che derivano dal venture capital, e la tecnologia, con la realizzazione del cripto-stato, che sarà la “nuova America”, mentre la vecchia America è in piena crisi di identità.
Veneto Sì / Plebiscito.eu