Wu Ming 1 e la mancata analisi sul fenomeno che sta riscuotendo il consenso di fasce di popolazione sempre più ampie in Veneto
La prima puntata di Cent’anni a nordest di Wu Ming 1 sull’Internazionale pare rivelare ancora una volta come negli ambienti intellettuali vi sia un’enorme fatica a rapportarsi con il fenomeno dell’indipendentismo veneto moderno. Tale difficoltà spesso sfocia in un meccanismo forse indotto dalla pigrizia che classifica gli indipendentisti di Plebiscito.eu come “ex leghisti”, con ciò tentando di dare una soluzione a nostro avviso errata a una questione non analizzata.
Tanto per iniziare l’ex di per sé implica un “non”. Altrimenti dovremmo dar ragione a Berlusconi quando etichettava come comunisti gli eserciti di orfani ideologici degli anni ’80 e ’90, oggi traghettati nel renzismo o negli adulatori di Tsipras e Podemos, magari col conticino di famiglia in Svizzera a propria insaputa come i Civati. L’analisi però è carente su altro. Hanno mai provato a leggere le tesi degli indipendentisti veneti moderni i critici intellettuali che in modo sbrigativo ci classificano come fenomeno collaterale al forza-leghismo? Forse scoprirebbero che vi sono tratti più avanzati di tolleranza e apertura rispetto alla grande moltitudine dei partiti di ogni risma e schieramento. Non solo l’indipendentismo moderno è postideologico, ma è anche aperto a una nuova forma di civiltà globale interconnessa. Non gli appartiene né la xenofobia né un atteggiamento di chiusura.
Tra i propri principi fondanti, nero su bianco, chi altri inserisce il diritto di ricercare la felicità, e di esercitare i suoi sentimenti nel rispetto degli altri? Certo, per molti saranno conquiste ovvie, ma chi altri oltre a Plebiscito.eu si è sentito in dovere di fissare come base della propria azione “il diritto di manifestare le proprie convinzioni politiche e morali, ed il diritto di godere di tali diritti a prescindere dalla posizione sociale, economica, giuridica, di sesso, di età, di convinzione religiosa, politica e morale”, oppure il “rifiuto di ogni forma di discriminazione razziale, etnica, linguistica, di convinzioni religiose, sessista e di orientamento sessuale”?
È interessante comprendere anche alcune ragioni che hanno portato all’esigenza di chiarezza su questi punti. Gli indipendentisti infatti rappresentano una delle poche se non forse l’unica componente politica moderna che, in Veneto e più in generale in Europa, sono stati combattuti dal potere e non mi riferisco alle derive violente, che spesso nascono da un’impostazione legata anche all’antagonismo sociale, ma proprio a chi ha impostato la propria azione sul civismo democratico e sulla necessità di rivitalizzare il tessuto socio-economico devastato dalla miopia centralista e clientelare della classe dirigente impostasi sulle macerie delle grandi ideologie ottocentesche e novecentesche. Siamo noi gli underground, gli squatter, gli emarginati e forse gli unici indagati per le proprie idee degli anni ’90 e dei primi anni ‘2000 in Italia.
E mentre noi siamo combattuti, dalla cenere ideale risorge invece come l’araba fenice l’idea di stato-re che si impone sull’uomo, nuovo Dio e nuova scusa in particolare in Italia per una casta di burocrati e di opportunisti per creare la più fitta rete di controllo del consenso oggi diventata il castello di carte che rischia di essere travolto dall’astensionismo dilagante.
Oppure, appunto da ciò che tra le macerie si scorge essere sopravvissuto dal disastro partitocratico.
Perché Treviso e Vicenza sono le culle in cui nasce e cresce l’indipendentismo veneto moderno? Semplice, sono due tra le prime dieci province più industrializzate d’Europa, assieme a Bergamo, Brescia, la Brianza e Modena e altro quattro tedesche. Siamo il cuore produttivo europeo, dove più forte si sentono le contraddizioni del mostro statalista che si mangia da solo, a cominciare proprio dal suo organo vitale, il reticolo industriale più fitto del mondo. Dimenticare che il pensiero politico moderno si fonda sulle contraddizioni del lavoro, dai lavoratori, dalla dicotomia tra ricchezza e povertà, tra sfruttamento e schiavitù, tra libertà e oppressione significa perdere il contatto con la realtà, ciò che hanno fatto i partiti e i politici italiani.
La visione globale degli indipendentisti moderni e i crescenti contatti con i movimenti di tutto il mondo (per quanto ci riguarda l’ultimo è stato con gli indipendentisti di Taiwan, altro cuore tecnologico del mondo) dimostrano e confermano quanto Parag Khanna ha teorizzato: non solo gli indipendentisti veneti sono innovativi, ma siamo addirittura gli anticipatori del nuovo mondo che si sta formando, l’avanguardia dell’evoluzione umana verso una nuova forma di civiltà globale interconnessa. Non chiediamo quindi che gli intellettuali – e in particolar modo gli intellettuali italiani – condividano le nostre idee. Ma suggeriamo loro che approfondiscano il loro studio, per evitare che il loro orologio resti fatalmente indietro con quello che scandisce i tempi della storia del mondo.
Gianluca Busato
Candidato Presidente del Veneto
Per Veneto Sì
bell’articolo! corroborante, nella battaglia che stiamo facendo e siamo il Davide contro Golia… con l’unica arma del voto che abbiamo oggi in mano contro questo moloch divoratore che è lo stato italiano…
lo stiamo abbattendo!.. e il mondo fa il tifo per noi…
Mi sembra che i cosidetti intellettuali rifiutino aprioristicamente qualsiasi ragionamento che esca dai binari, sempre più stretti, del renzismo tout court.
Non sento da molto tempo ragionamenti che mettano al centro la persona, l’uomo, ma solamente il tentativo di oleare l’ingranaggio.
Mi sembra di scorge una malcelata volontà ” lecchinara” che con gli intellettuali ha poco a che vedere.
Insomma non appena il carro cambierà direzione anche gli intellettuali faranno altrettanto,
Grande analisi che condivido in pieno e che appoggio con tutta l’energia possibile.
A sto punto vien da dire: mi dispiace per loro, che non vedono oltre la propria mente ottusa e piena di alter ego.
Oggi loro sono in vista grazie al dio tv, ma domani saranno dimenticati come qualsiasi altra cosa inutile.
Preghiamo per loro.
E’ una forma di chiusura mentale il non voler capire i cambiamenti culturali che si stanno attuando nel mondo. E’ l’eterna lotta fra interesse di conservazione del potere personale o di casta e le nuove istanze politiche ed economiche in divenire. Comunque il processo di cambiamento è inarrestabile.
Giorgio
Guardate che tra gli intellettuali vi sono studiosi come me, Marco Bassani, Carlo Lottieri, Alessandro Vitale, e numerosi altri, che sanno quello di cui parlano. Non fate cortesemente d’ogni malerba uno sfascio.
Caro Paolo, questo lo sappiamo bene. Tant’è che voi per fortuna non siete intellettuali ‘di regime’. Grazie per la vostra opera e integrità intellettuale.