La paura fa 90 e lo spread piega il governo giallo-verde
La paura fa 90 e finalmente Salvini ha messo la retromarcia, prima di andare a sbattere contro l’Europa e i mercati. Dopo le roboanti affermazioni dei giorni precedenti, ieri ha smussato gli angoli e dichiarato che il programma di governo giallo-verde sarà svolto nel corso dell’intera legislatura, con ciò di fatto smentendo le ipotesi di sforamento del tetto del 3% del deficit su cui sia lui sia Di Maio si erano tanto spesi.
La coperta finanziaria è corta, soldi non ce ne sono e i segnali dai mercati sono stati chiari, a quanto pare. Il giorno prima persino gli imprenditori veneti erano partiti sul piede di guerra minacciando uno sciopero assieme ai lavoratori (minaccia un po’ pelosa e tardiva, a dire il vero, dopo che gli stessi imprenditori hanno sposato elettoralmente la stessa lega).
La retromarcia di Salvini significa che il governo giallo-verde è destinato a durare. Da un lato è una notizia negativa, perché gli apprendisti stregoni di Palazzo Chigi costituiscono la più imbarazzante e inadeguata accozzaglia che sia mai sbarcata da quelle parti. D’altro canto è forse un bene, perché oggi non esiste alternativa a loro, tantomeno i vergognosi partiti morenti (in primis pd e fi, che speriamo tirino le cuoia al più presto) che in 25 anni di improvvidi malgoverni clientelari e spendaccioni hanno creato le pre-condizioni per l’attuale tragedia.
Anche noi, che auspichiamo l’indipendenza del Veneto, non siamo felici della terribile situazione italica, in quanto una controparte di scarsa qualità non favorisce mai il confronto, o la competizione e abbassa il livello laddove, citando Oscar Wilde, siamo sfavoriti (“Mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l’esperienza”).
In ogni caso, se il governo dell’ignoranza dovesse confermare la retromarcia di Salvini, sarebbe una buona notizia soprattutto per i cittadini, in quanto ciò significherebbe non aumentare ulteriormente lo spread a livelli oltremodo insostenibili per le tasche in particolare di chi è più povero ed evitare un ancora non esorcizzato attacco speculativo contro i titoli pubblici italiani. Sono in molti anche in campo indipendentista a fare il tifo per il disastro, il default, il fallimento dello stato italico, dimenticando però che esso nuocerebbe appunto ai più disgraziati e nel contempo non porterebbe alcun vantaggio alla causa veneta, in quanto non è certamente pronta l’alternativa progettuale.
Certo, se avvenisse faremo quanto nelle nostre possibilità al momento, ma la situazione non è ideale.
Per costruire il nostro progetto serve maggiore impegno da parte di tutti coloro che sostengono l’indipendenza del Veneto. Servono le capacità e le risorse per creare le strutture in grado di far fronte alla crisi italiana, quando mai dovesse avvenire, o, con maggiore probabilità, di instaurare un dialogo istituzionale con le parti in causa. Non avverrà domani, ma oggi dobbiamo impegnarci affinché tale tempistica sia la più veloce possibile.
Qualche anno fa abbiamo avuto una finestra possibile, grazie al referendum di indipendenza del Veneto, che resta una conquista fondamentale, una pietra miliare nel nostro cammino di libertà.
Tale finestra storica però non si è aperta del tutto, in primis per ragioni endogene a causa della lega che ha preferito tradire il Veneto sposando il potere italiano. E quindi per cause esogene dovute alle non vittoriose campagne scozzesi e catalane che sono seguite al nostro referendum travolgente e che hanno raffreddato il clima internazionale favorevole, lasciando quindi spazio ai vari populismi, dalla Brexit a Trump, da Salvini a Grillo.
Il vento tornerà presto a soffiare e a gonfiare le vele dell’indipendenza, in quanto le sue ragioni sono ancora senza risposta alcuna.
Innanzi tutto per l’indipendenza del Veneto, che tra le regioni europee è quella più vessata economicamente e culturalmente. Pochi giorni fa ero infatti a Pirano, una perla della venezianità, oggi in Slovenia. E devi appunto andare in Slovenia a scoprire la straordinaria storia della Serenissima, perché le scuole italiane la relegano in mezza paginetta, forse proprio per un complesso di inferiorità verso l’organizzazione statuale che vanta la più lunga e ininterrotta durata nella storia dell’umanità. Quei 1100 anni di indipendenza della Veneta Repubblica rappresentano la memoria storica collettiva di tutti i veneti, età dell’oro di una civiltà che vanta 3500 anni di storia gloriosa che certo non marcirà sotto le macerie dell’impresentabile stato unitario italico, così come avverrà per tutte i popoli della penisola oggi umiliati da uno stato da operetta e che domani potranno riprendere un percorso virtuoso di libertà con la propria indipendenza.
Gianluca Busato
Presidente – Plebiscito.eu